sabato 5 settembre 2020

Perché iniziare a fare busking nell'era post Covid

Ci è stato ripetuto in tutte le salse che il settore più colpito dalla pandemia è quello artistico-musicale. Se già prima la possibilità di trovare una serata per un musicista era piuttosto bassa, con la chiusura di attività culturali, teatri, e la carenza di turisti, trovare una serata è diventato praticamente impossibile se non si è già inseriti nel difficile mondo dei locali live. La verità è che guadagnare solo con le serate per un musicista è impensabile. La maggior parte dei locali utilizza open mic o jam session per offrire al pubblico uno spettacolo live completamente gratis, i locali che pagano i musicisti pagano pochissimo, ed è difficile trovarli. Non è tutto. Per trovare una serata bisogna cercare il locale giusto, con il pubblico giusto, bisogna portare pubblico, accontentare il proprietario e seguire le sue preferenze nella scaletta. Insomma, spesso si finisce a suonare un repertorio che non ci piace, il tutto per 70 euro e una birra, se va bene con due serate a settimana. Le serate nei locali sono un'ottimo modo per crescere, farsi un nome, imparare a gestire l'adrenalina del palco, comunicare col pubblico, ma da sole sono spesso esperienze frustranti, dove è più il tempo impiegato a costruire scalette, contrattare con i proprietari e cercare pubblico che il ritorno economico. 

Un musicista deve essere versatile, e se la sua passione per la musica è vera, deve sperimentare nuovi modi per guadagnare con la propria passione. All'estero, soprattutto in Europa, è abbastanza normale per un musicista scendere in strada e suonare. A Londra ci sono vere e proprie audizioni, a Dublino a Grafton street si esibiscono normalmente tanti buskers tra cui moltissimi giovani... In Italia la concezione di arte di strada è legata ancora a idee obsolete, secondo cui chi suona in questo modo è un  senzatetto o un vagabondo. In realtà il busking è uno dei modi più validi per guadagnare con la musica, anche e soprattutto dopo il Coronavirus.

Ogni comune in Italia ha un regolamento a sé, a Roma ad esempio addirittura ogni municipio ha un regolamento a sé , si può scaricare la modulistica dal sitto ufficiale del comune (https://www.comune.roma.it/web/it/scheda-servizi.page?contentId=INF39631) e poi chiedere il permesse al comando dei vigili che fa riferimento al Municipio in cui si vuole suonare. Le regole sono spesso stringenti, nel Municipio I (centro storico) sono state recentemente chiuse alcune piazze, ci sono degli orari precisi in cui si può suonare, e i vigili sono spesso e volentieri poco teneri. A Catania si può suonare liberamente, a Milano ci si deve registrare su un'app, così come a Torino. Gli ostacoli iniziali sono comunque tanti, dalla scelta della posizione (non bisogna dare fastidio ai residenti, lavoratori, chiese) alla strumentazione, fino al repertorio. Ma una volta sistemate le questioni tecniche e burocratiche, con una posizione buona un musicista medio guadagna facilmente uno stipendio medio, anche con le città meno piene del solito. Il Coronavirus però pesa non solo sui guadagni ma anche sui regolamenti, che possono essere più restrittivi del solito. Se le restrizioni si dovessere inasprire per un rapido aumento dei contagi il busking avrebbe comunque senso di esistere: si possono fare live dalla propria cameretta e condividerli sui social, con allegato un link paypal per le donazioni.

I vantaggi del busking rispetto alle serate sono tanti, a cominciare dalla frequenza con cui si suona. In strada potenzialmente si può suonare tutti i giorni, al contrario difficilmente un musicista riuscirà a fare un mese di serate di fila. Nessuno vi chiede pubblico, nessuno avrà da ridire sulla vostra scaletta, sarete completamente imprenditori di voi stessi e il riscontro economico dipenderà soltanto dalle vostre capacità tecniche (o dalla scaletta, ma è un altro discorso). Oltre ai vantaggi economici, ci sono enormi messaggi umani. Tante persone vi ringrazieranno per quello che fate, i bambini vi adoreranno, farete spuntare il sorriso ai passanti, c'è chi vi racconterà la propria vita, chi addirittura vi proporrà di suonare in feste private. Il messaggio di fondo è: ragazzi, invece di lamentarvi della chiusura dei locali, prendete di petto lla vostra passione e scendete in strada, sperimentate nuovi generi, nuovi modi di suonare, di cantare, nuovi strumenti. Se la musica non ci rende più creativi e coraggiosi, a cosa ci serve?




venerdì 14 agosto 2020

Perché fare busking ai tempi della pandemia è una buona idea

Guadagnare con la musica in Italia è già ci per sé un’utopia, mettiamoci anche il Covid e diventa un’impresa titanica. Non è così.


Il virus ha insegnato che le piazze non possono fare a meno della musica. Non parlo delle cantate nazional popolari dai balconi, ma dell’esperimento di Jacopo Mastrangelo, il ragazzo che dal terrazzo ha suonato Ennio Morricone su Piazza Navona. È stata un’esecuzione senza pubblico, dove la musica ha riempito gli spazi vuoti lasciati dai corpi che di solito animavano la piazza. La musica ha bisogno delle città e le città della musica, ma sganciamoci dall’idealismo spicciolo e andiamo sul concreto.

Il busking (arte di strada in italiano) è sempre stato sottovalutato in Italia, sia dal pubblico che dai musicisti. All’estero è quasi normale imbracciare una chitarra e suonare per le vie commerciali di Monaco di Baviera, di Londra o di Dublino, a Roma se dici di suonare in strada ti chiedono se hai bisogno di un posto letto in dormitorio, o poco ci manca, anche se negli ultimi anni c’è un’inversione di tendenza. Ancora troppo pochi per quello che offre l’arte di strada.

Leggo di molti musicisti delusi per le serate saltate, per carenza delle stesse, perché i locali pagano poco o non pagano... RAGAZZI, SCENDETE E SUONATE IN STRADA.

Non solo è un ottimo metodo per esercitare il vostro strumento, ma vi assicuro che in un posto azzeccato e con una buona preparazione tecnica ci si può vivere. Non ci credete? Continuate a leggere.

Se non avete strumentazione investite qualche centinaio di euro per amplificatore (Roland STREET cube d’obbligo) strumento, asta e microfono per i cantanti, costruite un repertorio a metà tra il conosciuto è quello che piace a voi, studiate le caratteristiche del luogo in cui vorreste suonare. Buttatevi. Ogni città d’Italia ha un regolamento specifico per l’arte di strada, l’unica difficoltà iniziale è quella di capire dove e come leggere il regolamento. Con il Coronavirus inoltre i regolamenti si saranno inaspriti un po’ ovunque, ma con un po’ di pazienza il modo di suonare si trova. Inoltre, stando all’aperto il rischio di assembramenti è praticamente nullo e basta un avviso agli spettatori per far mantenere le distanze.

Ma veniamo alla mia esperienza: suono in strada dal 2012, inizialmente solo per hobby, da febbraio 2020 suono praticamente ogni giorno. Ho scelto proprio bene il periodo, un mese dopo infatti è scoppiata la pandemia. Ma sono proprio le difficoltà a farci trovare nuove opportunità. Mi esibisco a Roma, e in 30 giorni (a cavallo tra febbraio, io lockdown, giugno e luglio) ho portato a casa un migliaio di euro, non tantissimi, ma bisogna considerare che febbraio (precovid) è uno dei periodi più difficili per suonare in strada, e a luglio (post lockdown) è stato probabilmente uno dei periodi peggiori della storia. Inoltre ho un repertorio non conosciutissimo. Nonostante questo, la pagnotta la si porta a casa, senza elemosinare serate ai locali, senza quanta gente porti e nulla di queste cose. E se i regolamenti si inasprissero di più, o, famo le corna, ci sarà un nuovo lockdown? Fate la stessa cosa da casa, con un link paypal per le offerte e condividete la diretta ovunque. Non sará un virus a fermare la musica né tanto meno i musicisti. Scendete in strada ragazzi, la musica ha bisogno di corpi e le città vanno riempite di suoni.

sabato 18 aprile 2020

Perché ascoltare "Hey you" può salvare la salute mentale di tutti noi

Mi trovo nella mia camera dopo più di un mese di quarantena, siamo a metà aprile, in questo pomeriggio ho preso la chitarra e avevo una grande voglia di suonare Hey you dei Pink Floyd. Mi sono messo davanti alla finestra aperta. L'immedesimazione è una parte fondamentale per l'interpretazione di un pezzo, e data la situazione che stiamo vivendo, non mi sono dovuto nemmeno sforzare un po' per immedesimarmi nel protagonista, Pink. Ho cantato in tonalità originale senza microfono (nella seconda strofa Roger Waters raggiunge note parecchio alte) sperando che qualcuno mi ascoltasse. Una volta finito il pezzo, nella mia camera entra la mia compagna di quarantena, mia nonna, che completamente digiuna di musica rock mi chiede di chi fosse la canzone, e mi di dice che le ha dato una sensazione di morte.
L'osservazione mi ha molto colpito ed è stata la motivazione che mi ha spinto a scrivere queste poche righe. E' stata particolarmente interessante perché dicevo, mia nonna è completamente digiuna di musica rock e soprattutto digiuna di inglese. Non ha detto che le ha comunicato tristezza, o malinconia, o senso di solitudine, ma ha indicato qualcosa di preciso e concreto. Ha ricevuto la sensazione soltanto dagli elementi musicali che il suo orecchio ha potuto percepire: armonia, ritmo, melodia e dinamica, e la sua sensazione è sta più che pertinente: Hey you, come l'intero album The wall, è certamente un pezzo che parla di morte, spirituale certo, ma comunque morte.

Il mio rapporto con il rock è stato molto controverso: di solito ci si avvicina durante l'adolescenza perché si odia il mondo, e ci si rifugia in qualcosa che ci dica che possiamo sconvolgerlo. Io da adolescente assolutamente atipico non ho mai sentito il bisogno di ribellarmi, e mentre i miei coetanei ascoltavano Nirvana e Pink Floyd io ascoltavo il cantautorato italiano. Ho approfondito le mie conoscenze anni dopo, e ho imparato ad apprezzarlo anche grazie a questo pezzo, che mi è piacito da subito perché non è semplice ribellione, ma è una richiesta di aiuto. Pink è completamente isolato dal mondo esterno, ha costruito un muro tra lui e il mondo con le sue mani, ma è pentito e si accorge troppo tardi che ha un disperato bisogno dell'uomo che cammina da solo nel freddo e che invecchia pian piano con i suoi sorrisi che si spengono, di chi è solo davanti al suo telefono. Di chi insomma, soffre e vive di solitudine esattamente come lui. Hey you oltre alla morte, comunica sicuramente forza. Il potente basso nell'assolo, la voce di Roger Waters nell'ultima strofa. Una forza che parte da un leggero arpeggio di chitarra acustica che si trasforma con un climax sonoro fino allo straziante assolo di chitarra, che rimanda all'ambiente militare (The Worms, il movimento che Pink abbraccia proprio in questo pezzo, è non a caso un movimento fascista). La genialità dei Pink floyd sta tutta qui. L'arpeggio leggero di chitarra diventa un tornado, la debolezza diventa forza. Ma se diventa forza, significa che già al suo interno la conteneva: ogni richiesta di aiuto, anche se apparentemente prerogativa dei deboli e di chi non riesce a trovare il coraggio in se stesso, è in realtà la più grande manifestazione di forza che esista, perché solo chi sa di non poter bastare a se stesso sa chiedere aiuto, e avere la consapevolezza di non poter bastare a se stessi è un atto di grande umiltà e sacrificio spirituale. In un mondo dove i contatti umani sono adesso impossibili ci rendiamo conto che in realtà erano più forti di quanto pensassimo e che come Pink, avevamo e abbiamo un disperato bisogno del nostro vicino di metro che era chino sul suo smartphone.

Hey you ci aiuta a tuffarci dentro la nostra anima, ci invita ad ascoltare fino in fondo la nostra fragile e umana richiesta, per quanto dolorosa essa sia, e ci insegna che non esiste nessun assolo devastante senza un arpeggio intimo, non esiste nessuna forza senza debolezza.