martedì 15 novembre 2016

Gli inizi acustici di Dylan - Scopriamo il Nobel

“Bob Dylan”, introduzione e genesi dell'album

Bob Dylan inizia a scrivere canzoni a 21 anni. Era il tempo dell'abbandono del college, dei grandi viaggi, delle serate passate a suonare nei caffé. Era soprattutto il tempo di New York e delle basket house, dei primi lavori umilianti. Come un mendicante qualsiasi, chiedeva le offerte nel cestino (all'interno delle basket house, chiamate così proprio per questo motivo) alla fine dell'esibizione. Era il tempo del blues e del folk, quel folk che insegna a riflettere sulla realtà della vita, e che anche se privo di un ritmo interessante come il rock, era così pieno di tristezza, di fede, di disperazione, di trionfo. Il folk vinse la battaglia all'interno dell'animo del giovane Dylan contro il rock and roll. Woody Guthrie e Odessa, due grandissime voci del folk americano, presero il posto di Little Richard nella classifica dei suoi idoli. La canzone popolare vinceva sul ritmo scatenato, la chitarra acustica vinceva su quella elettrica e non solo metaforicamente: per comprare la sua prima acustica, Bob Dylan mise in vendita la sua Gibson. Partì per New York per incontrare il suo idolo Woody Guthrie, cantante folk americano che ebbe una notevole influenza su Dylan ma in generale su tutti i successivi cantanti folk americani. A New York inizia la vera gavetta suonando qua e là, e viene notato dal talent scout della Columbia Records, Jhon Hammond. Grazie a lui nel 1962 poté pubblicare il suo primo album, l'eponimo “Bob Dylan”, in cui saranno presenti le prime due canzoni scritte da lui, “Song to Woody”, e “Talkin New York”. In realtà le due canzoni riprendono in modo chiaro le melodie di due canzoni di Guthrie, rispettivamente “Talking Dustbowl Blues e “1913 Massacre”. Non si tratta però di plagio: infati le melodie delle canzoni folk sono spesso riprese da altre melodie folk e probabilmente anche le due melodie di Guthrie sono probabilmente riprese a loro volta da canzoni popolari. Le altre 11 canzoni contenute nell'album sono cover di famosi brani folk americani, tra cui la famosissima “House of the Risin' Sun”. Questi pezzi erano nel repertorio base delle esibizioni nei caffé di New York. Sebbene l'album non ebbe molto successo (Dylan fu chiamato “la Follia di Jhon Hammond”) e non ebbe molta influenza come i successivi, in esso sono presenti alcune caratteristiche di Dylan che verranno sviluppate in seguito. Prima di tutto il già citato amore per il folk, ma anche il gusto per uno stile vocale stridente, oscuro, a volte sommesso, come possiamo ascoltare soprattutto in House of the Risin' Sun.
Dopo 1966, Bob Dylan ha suonato soltanto 5 canzoni di questo album nei concerti, e solo “Song to Woody” e “Pretty Peggy-O” in modo frequente.

 Song to Woody

"Song to Woody" possiede una melodia pressocché uguale a “1913 Massacre” di Guthrie, anche se l'accompagnamento della chitarra nel pezzo di Woody era molto più scarno, con praticamente solo un accordo. Bob Dylan inserisce abbellimenti nell'accompagnamento e dal punto di vista della melodia inserisce cadenze tipicamente folk. Nel testo sono citati anche Leadbelly, Sonny e Cisco, altri artisti folk e blues, divenuti famosi nei night club, in quei sobborghi di New York pulsanti di musica, quella musica che influenzerà tutta la successiva musica occidentale. Song to Woody è la prima canzone scritta da Dylan contenuta in un album di modesto successo, eppure ci sono almeno due canzoni di due artisti importanti che presentano riferimenti a questo pezzo: una è di David Bowie, nella sua “Song for Bob Dylan”. "Now hear this, Robert Zimmerman, I wrote this song for you" ricorda evidentemente "Hey, hey Woody Guthrie, I wrote you a song." L'altra è “Pass it Along”, di Frank Turner. La presenza di influenze e citazioni di questo pezzo non conosciutissimo dimostra e sintetizza da sola la sterminata influenza di Dylan nel folk-rock.

lunedì 14 novembre 2016

"La notte" di Michelangelo Antonioni - Recensione

Michelangelo Antonioni nel 1960 (stesso anno de La dolce vita) gira L'avventura, il film che aprirà la cosiddetta Trilogia dell'incomunicabilità, composta inoltre da La notte e L'eclisse. Questi tre capolavori del cinema italiano hanno come filo conduttore il dramma esistenziale che vive l'uomo moderno (in particolare l'uomo italiano) in un'epoca che stava vedendo l'Italia passare da paese ancora pre-industriale e legato alla terra, a una vera e propria nazione sviluppata, con tutti i cambiamenti che il benessere economico avrebbe comportato, nel bene e nel male. L'anno 1960 è non a caso un punto di svolta nella storia italiana, perché segna il punto in cui l'industria fa sentire di più la sua presenza, anche nel cinema. In particolare ne La notte ci troviamo in una Milano che sta ribollendo di cemento: nuove costruzioni emergono in periferia sempre più velo
cemente, aspetto che in questi tre film di Antonioni avrà un'importanza centrale, perché sarà il simbolo di un'Italia che cambia anche dal punto di vista architettonico oltre che culturale. L'architettura pallida e squadrata riflette l'aridità esistenziale che vive l'uomo moderno. I due protagonisti sono una coppia che vive una profonda crisi non solo relazionale ma anche individuale. L'elemento che sconvolge l'ordine delle cose è, come in molte altre pellicole del regista, una morte: un loro amico intellettuale è malato terminale di cancro, e riceve la loro visita in ospedale proprio nel giorno prima della sua morte. Giovanni Pontano (interpretato da Mastroianni) è un intellettuale disilluso e cinico (“con la faccia perennemente mortificata”, dirà Pasolini) un po' sulla falsariga del Mastroianni de La dolce vita o di 8 e mezzo, ha appena scritto un libro ed è abbastanza famoso nell'ambiente intellettuale milanese.

 La crisi della coppia è evidente fin dall'inizio: Giovanni scambia delle effusioni con una paziente dell'ospedale, ma Lidia non ha alcuna reaizone. Alla presentazione del libro Lidia è turbata dalla confusione e dal successo del marito e va in giro per Milano senza meta. In questo tragitto sembra cercare qualcosa che la distragga dalla sofferenza interiore, ma niente sembra avere la capacità di catturare in modo continuativo la sua attenzione. La sera i due sono eternamente indecisi sul da farsi, e alla fine scelgono di accettare l'invito di un industriale, in una villa frequentata dalla Milano bene. Durante la notte passata in questa villa i due vivono avventure amorose parallele con due ospiti della villa: Giovanni con la figlia del proprietaro, altra donna annoiata e angosciata dalla vita; Lidia con un altro ospite, che però viene rifiutato prima del rapporto sessuale. Un temporale crea un guasto alla linea elettrica e nella confusione si ritrovano tutti e due nella villa. Lidia confessa di non provare più nulla per Giovanni, e all'alba gli legge in modo straniato una lettera che aveva scritto per lui quando ancora si amavano, per ribadire la fine del proprio sentimento. Giovanni tenta di avere un rapporto sessuale con lei in modo forzato e disperato, mentre la cinepresa li osserva da dietro le spalle.

 Questo film segna un punto di svolta nella storia del cinema italiano perché Antonioni è uno dei primi registi a superare un modo di narrare organico e d'intrattenimento, per arrivare a una narrazione lenta e poetica che corrisponde all'analisi lucida e disincantata della società italiana degli anni '60. Come già fece notare acutamente Pasolini, i protagonisti vivono uno stato di apatia e noia che però è inconsapevole: come un'ape che non sa di essere ape, i protagonisti soffrono ma non sanno di che natura è il loro male (Lidia in realtà manifesterà un minimo segno di consapevolezza). Tra speranze post belliche di un futuro migliore, una classe sociale (i “nuovi ricchi”) in ascesa in possesso all'improvviso di una ricchezza cospicua e una società vacua e opulenta che si crogiola nell'angoscia e nella noia, i personaggi del film appaiono vuoti e inerti, si trascinano per l'esistenza senza stimolo alcuno e neanche le emozioni più primitive (le effusioni con la paziente in ospedale o il “fascino” di un rapporto sessuale con uno sconosciuto) sembrano più aiutare l'uomo ad uscire da questo stato. Anche i dialoghi rarefatti e superficiali rappresentano il vuoto interiore: i personaggi dialogano in modo logico e coerente solo quando parlano di cose quotidiane e banali, non appena tentano di parlare di pensieri o sentimenti i dialoghi si fanno frammentati e incompiuti. Altro tema centrale è il rapporto intellettuale società: l'intellettuale è rappresentato come qualcuno che ha perso il proprio status sociale, che è ormai slegato e opposto alla società ma ama crogiolarsi nella propria solitudine, arrivando a perdere quell caratteristica di dissidenza e protesta verso il presente, propria dell'intellettuale del passato.

 Dal punto di vista registico bisogna sottolineare le inquadrature dell'ambiente che è parte integrante del film e ha un rapporto importante con i personaggi. Non solo rappresenta la crisi esistenziale dell'individuo, ma interagisce con i personaggi (ad esempio è celebre la scena dell'intonaco sgretolato da Lidia, sunto estremo del senso del film sublimato mirabilmente in un gesto che esprime noia e angoscia). Dal punto di vista figurativo Antonioni è attratto dalla pittura post-impressionista (De Chirico, Cézanne), interesse che in questo film produrrà una predilezione nelle inquadrature di volumi architettonici e di profondità di campo. Magistrale è l'uso dei chiaroscuri nella fotografia: luce e ombra sono presentati sempre in contrasto, opposizione che trova il suo culmine nel black-out, che crea una “notte nella notte”.

 Il film è un capolavoro assoluto della cinematografia mondiale che ha ispirato numerosi registi (tra i quali ricordiamo Kubrick, che lo inserì nella top ten dei suoi film preferiti), forse può apparire un po' lento e di difficile lettura per chi si è appena avvicinato al cinema, ma è assolutamente imperdibile per gli appassionati del miglior cinema italiano e mondiale.

domenica 13 novembre 2016

"Suzanne" di Leonard Cohen tra sesso, droga e religione: una proposta di lettura

"Suzanne" è la prima traccia del primo album di Leonard Cohen, "Songs of Leonard Cohen". La sua carriera musicale nasce già matura dal punto di vista compositivo, in quanto prima di pubblicare il primo album si era già cimentato per anni nella letteratura: aveva pubblicato due romanzi e varie raccolte di poesie. Cohen infatti nasce letterato e poeta, e solo in seguito, abbastanza tardi (33 anni), entra nel mondo della musica.
L'album non ebbe un successo immediato, soprattutto a causa dei temi trattati. Nel 1967 il clima culturale occidentale era in fermento: la Beat Generation faceva sentire le sue ultime ma più forti grida, erano maturi i tempi per la coscienza di opposizione alla guerra del Vietnam, e soprattutto la cultura hippie era al suo apice. Nel mondo si respirava aria di contestazione, una anno dopo questa tensione esploderà in modo piuttosto omogeneo in tutto il mondo con le contestazioni del '68. Nel 1967 uscirono i primi album dei Beatles e dei Pink Floyd, e il pubblico giovane aveva voglia di musica "spaziale", di sonorità che li avvicinasse alle vie di trasgressione più in voga di quel momento, e cioè sesso e droga. Non è un caso che molti pezzi di Sgt. Pepper's Lonely Club Band o di The Paper at the Gates of Dawn facciano più o meno velati riferimenti all' LSD. Il pubblico non era ancora pronta per testi intimisti e malinconici.
In realtà "Suzanne" non è un pezzo lontano dai temi della musica che ebbe successo in quel tempo: Cohen in quel periodo faceva spesso uso di droghe, anche come strumento di supporto alla creazione artistica, e aveva una vita sessuale piuttosto attiva. Come vedremo, in "Suzanne" non mancano riferimenti impliciti al sesso e alla droga, tuttavia non sono i temi centrali del pezzo e comunque Cohen riesce a condensarli in poesia attraverso un raro talento artistico, creando un brano che diventerà uno delle più famose ballate folk americane.

La Suzanne del testo e Suzanne Verdal, una ballerina incontrata a Montreal, già soggetto della raccolta di poesie Parasites oh Heaven. In una di queste sono già presenti le parole "Suzanne takes you down", primo verso della canzone. Il testo della canzone mescola realtà e alcune fantasie bibliche e spirituali prodotte dalla visita alla chiesa dei marinai di Montreal. Il testo poetico però supera la persona concreta di Suzanne Verdal, e crea una Suzanne dai contorni più universali, sfumati, astratti. Il testo letterale ci presenta una Suzanne che è riconducibile a una tipica ragazza hippie o comunque a una ragazza ai margini della società, che veste di piume e stracci, che ha un profondo rapporto con la natura. Potrebbe essere una ladra, una vagabonda, il simbolo della sicurezza materna, o appunto l'emblema della cultura hippie. Un testo poetico sfugge a qualsiasi precisa determinazione e un'analisi deve limitarsi a proporre diverse letture, quindi è piuttosto inutile sforzarsi di capire chi è davvero Suzanne (o chi o cosa davvero rappresenta), perdendo di vista tutto il valore evocativo e immaginifico della poesia.
Analizziamo la prima strofa:

  1. Suzanne takes you down to her place near the river
  2. You can hear the boats go by
  3. You can spend the night beside her
  4. And you know that she’s half crazy
  5. But that’s why you want to be there
  6. And she feeds you tea and oranges
  7. That come all the way from China
  8. And just when you mean to tell her
  9. That you have no love to give her
  10. Then she gets you on her wavelength
  11.  And she lets the river answer
  12.  That you’ve always been her lover
Nota: in tutte le poesie è presente un linguaggio allusivo, cioè un linguaggio che rimanda a qualcos'altro e i cui riferimenti non sono immediatamente comprensibili. Questa difficoltà in questo caso è accentuata dalla lingua diversa: per chi non è madre lingua inglese è molto complesso cogliere tutti i rimandi di una parola, per questo ci serviremo dell'Urban Dictionary, un dizionario online che raccoglie significati di parole di vari slang. 

Le strofe della canzone sono tre: la prima e l'ultima sono dedicate a Suzanne, quella centrale alla figura di Gesù, che come vedremo è una proiezione spirituale di Suzanne.
Fin da subito appaiono le caratteristiche eccentriche di Suzanne: vive in un luogo vicino al fiume (primo verso), "she's half crazy" e ha un profondo ascendente sugli elementi della natura ("she lets the river answer")
Caratteristiche che come abbiamo visto, la avvicinano molto alla cultura hippie, che proprio in quegli anni conosceva il suo apice. Gli hippie erano portatori di idee rivoluzionarie, sopratutto in campo sessuale. Erano contro il puritanesimo che si respirava in quel tempo e proponevano una vita caratterizzata dall'amore libero, un modo di amare molto diverso da quello comune, che partiva dall'idea che il sesso è un'azione normale come mangiare e dormire e che quindi ogni tabù doveva essere smascherato. "Amore libero" significava la possibilità di amare chiunque e dovunque, pur avendo una relazione stabile con una persona. La gelosia era infatti considerata un sentimento volgare e frutto dell'omologazione della società.
Nella canzone non ci sono espliciti riferimenti sessuali, ma il rapporto carnale sarà uno dei temi più affrontati da Cohen nei suoi lavori, e lo affronterà quasi sempre in modo allusivo, come ad esempio nella canzone "Master song", sempre di quest'album. La parola "master" non evoca nessun riferimento sessuale esplicita, ma in alcuni slang e codici gergali ha il significato di "padrone", inteso come padrone in un rapporto BDSM. La canzone infatti ha evidenti riferimenti a un rapporto di dominanza/sottomissione. Quindi se non sono presenti riferimenti sessuali espliciti, è vero che sono molto presenti quelli impliciti e allusivi. "To take down" al primo verso non significa solo "accompagnare" o "portare giù"; ma anche "portare" inteso come "portarsi a letto qualcuno". Chiaramente non è la prima immagine che il testo ci evoca, ma lo fa in modo allusivo e non immediato. Un altro riferimento sessuale neanche troppo implicito è "You can spend the night beside her", "The night" è anche il periodo della giornata in cui si manifestano molti atti criminali, come lo spaccio. Come detto sopra, Cohen faceva uso di droghe e anche in questo caso ci sono vari riferimenti impliciti. Il termine "boats" al secondo verso ad esempio in alcuni slang indica l'ecstasy, non ancora molto diffusa nel '67 ma comunque abbastanza utilizzata dai giovani della controcultura americana. Ancora, la parola "tea" può indicare in alcuni slang la marijuana.

Nella prima strofa ci sono anche vari riferimenti alla cultura orientale
Cohen ha da sempre avuto un rapporto molto profondo con la cultura orientale, così come tutta la cultura della Beat Generation; possiamo citare ad esempio il viaggio dei Beatles nel 1968 in India. Inoltre Cohen seguì il buddhismo per una parte della sua vita. Il té e le arance della canzone vengono dalla Cina, luogo in cui probabilmente è stata Suzanne. La personificazione del fiume che addirittura risponde alle domande è un riferimento alle religioni orientali, così come lo stesso fatto di porre domande è tipico del buddhismo zen. Nel testo non c'è nessuna domanda implicita, ma c'è la risposta del fiume a un'esitazione sentimentale dell'autore.
I versi 4-5 meritano un'attenta osservazione. "Half-crazy" tradotto con "mezza pazza" non rende bene l'idea in italiano, in quanto la parola "pazza" o "matta" in italiano portano in sé sensazioni negative, legate a una concezione del malato mentale ancora influenzata dai manicomi, ormai aboliti. L'aggettivo "crazy" in inglese ha un significato più positivo che negativo, che in italiano è in qualche modo reso dall'aggettivo "eccentrico".
Il verbo "to be there" al quinto verso è interessante, perché non significa solo "esserci", ma anche "mantenere il controllo delle proprie facoltà mentali". In questo caso il verbo è in antitesi con "half crazy". C'è da notare poi che mantenere il controllo delle facoltà mentali può essere anche un altro riferimento a sostanze stupefacenti: Cohen ha sempre affermato che non voleva mai eccedere con esse proprio per mantenersi abbastanza lucido. Qundi in questo verso Cohen esprime la volontà di voler restare presente mentalmente proprio per godersi la stravaganza di Suzanne. Un altro significato interessante di to be there nell' Urban Dictionary è ancora una volta "fare sesso"

Un elemento molto importante nella strofa e nella canzone è il tema dell'acqua: Suzanne vive vicino al fiume, ha un rapporto stretto col fiume dato che "lets the river answers".

Analizziamo ora il ritornello:

13. And you want to travel with her
14. And you want to travel blind
15. And you know that she can trust you
16. For you’ve touched her perfect body with your mind.
Il verbo "to travel" è senza dubbio la parola hiave del primo distico del ritornello. Ripetuto due volte, è portatore di due significati, uno immediato e uno allusivo. Il viaggio è un tema tipico della Beat Generation. Si pensi solo a Kerouac: fu l'artista più influente per la Beat Generation, le cui prose influenzarono anche molti musicisti, come Bob Dylan. La sua opera conosciuta è "Sulla strada", manifesto della Beat Generation e opera che inaugura la concezione del viaggio come strumento per la conoscenza del proprio io, del viaggio come cosa a sé.
Il verbo "to travel" inoltre richiama "to trip", dal medesimo significato ma utilizzato metaforicamente per il viaggio mentale indotto dalla droga. 
Nel secondo distico è interessante il rapporto che si instaura tra i verbi "to trust" e "to touch", un rapporto (non intenzionale da parte dell'autore) di natura evangelica. San Tommaso non crede alla resurrezione di Gesù finché non tocca le sue ferite alle mani e al costato.
Il verso 15 potrebbe essere la sintesi della canzone ma anche di tutto il lavoro di Cohen: la sintesi, il connubio perfetto tra il rapporto spirituale e il rapporto carnale sarà uno dei temi preponderanti nei pezzi di Cohen. Probabilmente Cohen non ebbe un rapporto sessuale con Suzanne, ma ammette di averlo desiderato e questo desiderio, questo amore platonicamente carnale è espresso in questo verso.
Il ritornello sarà uguale dopo la terza strofa, e simile dopo la seconda: lì però l'oggetto sarà Gesù, costitundo un evidente parallelismo tra la sua figura e quella di Suzanne.

Veniamo ora alla seconda strofa:

17. And Jesus was a sailor
18. When he walked upon the water
19. And he spent a long time watching
20. From his lonely wooden tower
21. And when he knew for certain
22. Only drowning men could see him
23. He said “All men will be sailors then
24. Until the sea shall free them”
25. But he himself was broken
26. Long before the sky would open
27. Forsaken, almost human
28. He sank beneath your wisdom like a stone

Dalla dimensione terrena e carnale si passa a quella metafisica e spirituale, e corrisponde al momento della visita alla chiesa dei pescatori di Montreal. Da Suzanne si passa a Gesù.
All'interno del movimento hippie esisteva il Jesus Movement, un movimento che identificava Gesù come un uomo libero per eccellenza, figura utilizzata dalla controcultura per la contestazione. Quindi probabilmente il Gesù di questa canzone non si identifica tanto con il Gesù storico, ma quanto con una rappresentazione del perseguimento della libertà individuale e collettiva.
Gesù però non era marinaio ma falegname: Cohen identifica Gesù con un marinaio probabilmente per evidenziare il suo parallelismo con Suzanne: come Suzanne è una ragazza capace di governare gli elementi della natura, anche Gesù ha in mano il timone e regola tutto. Nel verso seguente si fa riferimento all'episodio evangelico del camminamento sulle acque, quando Gesù raggiunge i suoi discepoli scivolando sull'acqua del lago. "His lonely wooden tower" è probabilmente la croce, da cui ha guardato nella sua solitudine il mondo per molto tempo, tempo enormemente dilatato dalla sua sofferenza. Al verso 22 soltanto gli uomini che affogano riescono a vederlo: forse viene inteso il vebo "affogare" in senso metaforico per "lasciarsi andare" e "perdere tutto", come predicava il Jesus Movement, ma potrebbe anche essere un allusione ai peccatori: Gesù infatti è sceso in terra per i peccatori (o almeno per coloro che ammettono di essere peccatori), per i naufraghi, e solo loro possono avere un qualche rapporto con lui. Come nella prima strofa è da notare un riferimento ancora più spiccato all'acqua, intesa non solo come elemento naturale ma anche come fonte di vita.
Il discorso diretto di Gesù al verso 23 richiama l'invito di Gesù ai propri discepoli, esortati a diventare pescatori di uomini (la chiesa di Montreal era proprio dedicata ai pescatori).
Nei versi successivi si fa ancora riferimento alla desolazione e alla sofferenza di Gesù, sofferenza presente ancora prima che il cielo si aprisse. Il cielo nella Bibbia si apre quando c'è un intervento diretto dello Spirito Santo, e potremmo interpretare questa desolazione come la solitudine che Dio provava "prima che il cielo si aprisse", cioè prima di creare l'uomo, e prima di entrare in contatto con lui e immedesimarsi in lui attraverso l'incarnazione di Dio in un uomo, cioè Gesù.
Gli ultimi due versi amplificano la sensazione di solitudine di Gesù, perché oltre alla solitudine "prima che il cielo si aprisse" ora non è neanche compreso dagli uomini. "Almost human", l'accostamento di "almost" all'aggettivo "human", mi rievoca indirettamente "Human, All too Human" di Nietzsche. Anche in quell'opera la solitudine è molto presente (un viandante parla con la sua ombra) e le verità metafisiche vengono scomposte e mostrate per quello che sono, cioè costruite a dall'uomo a sua immagine e somiglianza.

33. Now Suzanne takes your hand
34. And she leads you to the river
35. She is wearing rags and feathers
36. From Salvation Army counters
37. And the sun pours down like honey
38. On our lady of the harbor
39. And she shows you where to look
40. Among the garbage and the flowers
41. There are heroes in the seaweed
42. There are children in the morning
43. They are leaning out for love
44. They will lean that way forever
45. While Suzanne holds the mirror
46. And you want to travel with her
47. And you want to travel blind
48. And you know that you can trust her
49. For she’s touched your perfect body with her mind.

Passiamo alla terza e ultima strofa. Si torna alla dimensione umana: da Suzanne a Gesù, da Gesù si tona a Suzanne, in un moto speculare che sottolinea il loro parallelismo.
I primi due versi della strofa riprendono chiaramente i primi due versi della canzone: sono versi fratelli, sia strutturalmente che semanticamente. Il verbo "to lead" sottolinea ancora una volta il ruolo di guida di Suzanne.
I versi 35 e  36 sono ripresi direttamente dalla realtà, come quasi tutta la parte che parla di Suzanne. In un'intervista infatti Suzanne Verdal dichiarò che andava ai banconi dell'Esercito della Salvezza a prendere vestiti e stracci per lei e sua figlia. Questo modo di vestire rafforza l'idea di Suzanne dipinta come anticonformista. L'Esercito della Salvezza è un ente umanitario che si propone di diffondere il Vangelo agli emarginati, fondato nel 1865.
I versi 37 e 38 possiedono un altro riferimento biblico: il sole che si riversa come miele ricorda in modo abbastanza esplicito l'episodio in cui Dio somministra agli ebrei la manna, alimento che nell'Esodo viene descritto come "pane fatto col miele". Il parallelismo tra Suzanne e il divino è al culmine, e qui Suzanne acquista caratteri salvifici tipici di Dio. La ragazza del porto è evidentemente Suzanne, che viene dipinta con un altro parallelismo: il Sole che illumina una figura umana e il porto rimandano al Colosso di Rodi, statua del III a.C. rappresentante il dio Helios che teneva in mano una torcia, avente la funzione, secondo la leggenda, di faro.
Ancora una volta, nei versi 39-40 emerge la funzione salvifica e di guida insita in Suzanne: è lei che ci indica dove guardare, tra i rifiuti e i fiori, simbolo di tutte le contraddizioni della realtà, una realtà eterogenea in cui è complesso muoversi. Viene in mente, seppur con un significato e un'intensione poetica diversi, i versi di Fabrizio De André "Dal letame non nasce niente, dal letame nascono i fior". Fabrizio De André fu molto influenzato dalla musica e dalla poetica di Cohen, di cui tradusse in italiano in modo egregio proprio Suzanne.
Il verso 41 è particolarmente interessante. La parola "heroes" richiama, oltre al significato convenzionale di "eroi", la figura mitologica di Ero, in inglese "Hero". Il mito di Ero e Leandro è un mito diffuso fin dall'Antica Grecia e presente anche in Ovidio. Ero è una sacerdotessa di Afrodite che si incontrava ogni sera con il suo amante Leandro. Abitavano su due coste opposte, e Leandro attraversava ogni sera lo stretto a nuoto sotto la guida della lucerna accesa da Ero. Durante una tempesta la lucerna si spense e Leandro morì, causando il suicidio di Ero per la disperazione. La donna che indica la via, che illumina con la sua luce sopra le acque non può non ricordare i versi precedenti riferiti a Suzanne. Quasi a dire che se perdiamo di vista la guida di Suzanne ci troveremmo disperati e dispersi tra i flutti e le alghe, come Ero e Leandro. Oltre a questo significato e allusivo, il verso mantiene il significato letterale, ovvero eroi che vagano tra le alghe.
I bambini nel mattino sono l'immagine più poetica ed evocativa della poesia, a cui ognuno può associare il significato più adatto poiché è un'immagine che richiama l'emotività personale. I bambini sono le creature che hanno più bisogno di amore: probabilmente quest'immagine poetica può essere stata evocata da un fatto reale, cioè dalla visione della figlia di Suzanne. Suzanne che infatti sta dietro a tutta, è in cabina di regia a dirigere tutto, guardando lo specchio, altro riferimento all'acqua.

In conclusione potremmo dire che Suzanne si rivela uno dei più alti testi poetici di Leonard Cohen, che al contrario della maggior parte degli artisti, riesce a comporre test di una qualità elevata già agli esordi. Il testo è un testo poetico perché possiede diversi livelli di lettura, tutti funzionanti e coerenti tra loro: il senso letterale e immediatamente percepibile è l'incontro tra Cohen e Suzanne come è avvenuto realmente: questa interpretazione ne nasconde una metaforica che riguarda la funzione salvifica che Suzanne (o quello che rappresenta) possiede nei confronti dell'autore e dell'umanità intera; l'ultimo piano interpretativo è quello allusivo, quello dove rapporto carnale e spirituale si fondono inscindibilmente, e dove religione, sesso e droga hanno un forte impatto sulla poesia. Questo ultimo senso è dedotto da un'attenta osservazione e analisi testuale, ma essendo il più poetico e il più evanescente è anche il più difficile da chiarire con precisione. La poesia d'altronde deve evocare e non definire precisamente. "Suzanne" ci riesce benissimo, ed ecco perché questa canzone è da considerarsi una poesia a pieno titolo.