mercoledì 14 dicembre 2016

Segni e tracce di Pier Paolo Pasolini per le strade di Roma.



Esistono città che dal punto di vista turistico non offrono solo monumenti e architetture religiose da visitare, musei o altro. Alcune città possono essere visitate anche seguendo un particolare itinerario, che non prevede nessuna visita a monumenti conosciuti: è il caso di quelle città che hanno creato un legame indissolubile con uomini che le hanno abitate e che le hanno rese grandi in qualche modo. Non si tratta di visitare passivamente musei, chiese e luoghi di qualsiasi genere, ma si tratta di ricercare segni e tracce di un artista, di trovare quei luoghi che sono stati decisivi per la sua vita. Un tipo di turismo alternativo, certamente più impegnativo ma più fruttuoso e soddisfacente.

Il primo racconto di viaggio che proporrò in questo blog è un itinerario sui luoghi pasoliniani di Roma. Mi ero più volte ripromesso di fare una cosa del genere, ma richiedeva molta preparazione, non solo culturale ma logistica. Dovevo organizzare, fare una cernita dei luoghi, gestire gli orari dei mezzi eccetera. Alla fine opto per 4 luoghi fondamentalmente: Rebibbia, Torpignattara, Monteverde e Ostia. Cerco di limitarmi essenzialmente ai luoghi biografici decisivi per Pasolini, in quanto vorrei dedicare un altro articolo ai luoghi di romanzi, poesie e film. Il mio obiettivo sarà quello di raccogliere più indizi e tracce possibili della presenza fisica di Pasolini a Roma. Non solo case, statue o monumenti quindi, ma anche graffiti, foto nascoste in qualche locale, poesie scritte sui muri, tracce lasciate da artisti di strada o ultimi poeti di periferia, i soli che possono intonare l'eco delle idee pasoliniane oggi.

Decido di partire in un giorno di fine novembre, proprio nel mese in cui Pasolini trovò la sua morte. A causa di impegni universitari non ho potuto recarmi all'Idroscalo il 2 novembre in occasione della commemorazione della sua morte, e dovevo in qualche modo rimediare. Porto con me uno zaino con solo tre libri: Una vita violenta, Le ceneri di Gramsci e La religione del mio tempo. Un libro è il miglior compagno di viaggio che si possa desiderare.
Si comincia dall'inizio, e quindi decido di partire da Rebibbia, l'inizio di tutto. Pasolini visse a Rebibbia dal 1951 al 1953 con sua madre, i primi anni a Roma, quelli più difficili. Quelli appena dopo l'esilio dalla sua terra, dei primi impieghi da correttore di bozze, dei palazzi polverosi e delle periferie fatte di calce. Era lì che cominciava a sporcarsi le mani, per tentare di capire quell'immenso cambiamento che attraversava l'uomo novecentesco.
La vecchia casa si trova in via Giovanni Tagliere 3, mentre due passi più avanti c'è piazza Ferriani, in cui c'è una targa commemorativa. Abito a Roma sud, mi porterà a destinazione prima la metro e poi un autobus. La metro passa anche a Pietralata, in cui è ambientato Ragazzi di vita.
La targa è al centro di una piccola piazzetta, vicino a un paio di panchine. Le domeniche pomeriggio quel piccolo pezzo di asfalto è un luogo pieno di bambini che giocano con le macchinine o a calcio. In questo momento però sono solo, e mi siedo per qualche minuto su una panchina per leggere qualche verso de "Il pianto della scavatrice".
Mi alzo e faccio un giro intorno ai palazzi di periferia. Più a nord una strada porta a un enorme prato incolto, spazio non ancora sfruttato per edificare. Molto probabilmente quasi tutta quella zona negli anni '50 si presentava così, con palazzi nuovi alternati a spazi di campagna incolta, luogo delle partite di calcio dei bambini del sottoproletariato.



È ora di pranzo e sono circondato da palazzi residenziali, senza nessun bar o negozio, meglio passare alla prossima tappa: il bar Necci, nel cuore del Pigneto. Cinema, letteratura e aspetti biografici si fondo in questo quartiere, in cui Pasolini fece incontri fondamentali, ambientò parte de "Ragazzi di vita" e girò Accattone:"Erano giorni stupendi, in cui l’estate ardeva ancora purissima, appena svuotata un po’ dentro, dalla sua furia. Via Fanfulla da Lodi, in mezzo al Pigneto, con le casupole basse, i muretti screpolati, era di una granulosa grandiosità, nella sua estrema piccolezza; una povera, umile, sconosciuta stradetta, perduta sotto il sole, in una Roma che non era Roma". Il legame profondo tra Pasolini e quest'angolo di Roma, tra Centocelle e Torpignattara, è testimoniato dai numerosi indizi presenti in diversi angoli del quartiere. Proprio davanti al bar Necci (dove Pasolini si sedeva a mangiare sotto l'ombra di un albero nel cortile del bar) sono presenti due altri indizi di questa personale caccia al tesoro: un graffito e una targa. Il graffito rappresenta Pasolini vestito da supereroe mascherato, con una scritta che recita il celebre atto di accusa "Io so i nomi", tratto dall'articolo scritto per il Corriere della Sera, pubblicato meno di un anno prima della morte. L'opera è un'evidente rappresentazione della figura dell'intellettuale che si trasforma in una figura centrale anche per la cultura pop, arrivando ad essere paragonato a un eroe di fumetti. Il graffito presenta un evidente vandalismo: all'"Io so" di Pasolini risponde risponde un "fatte li cazzi tua". Voglio spendere due parole su ciò, perché credo che possa far nascere delle considerazioni interessanti. Ragioniamo un attimo: un graffito su un intellettuale morto più di 40 anni fa, che parla di eventi accaduti 50 anni fa, viene vandalizzato con frasi mafiose. Il vandalismo non fa altro che confermare la profonda attualità e inattualità del pensiero di Pasolini: attualità perché sa smuovere sentimenti ancora contrastanti, come se parlasse sempre al presente nonostante inveisca su fatti cronologicamente determinati; inattuale perché inadatto a qualsiasi tipo di asservimento al potere e al pensiero unico.

Entro nel bar, prendo un panino e un caffé per scaldarmi. Noto un ritratto di un Pasolini in bianco e nero con vestiti colorati, mentre fuori, proprio sotto l'albero sotto cui amava sedersi Pasolini, una foto di un Pasolini vestito con una maglia di calcio con sopra scritto "Mò sto bene", ultima battuta di Accattone prima di morire. Vado a mangiare proprio sotto quell'albero, in quel bar un tempo frequentato dal sottoproletariato e che invece oggi è al centro della movida romana.
Più avanti, seguendo via Fanfulla da Lodi si incontrano altri due murales dell'artista Maupal: uno rappresenta l'occhio di Pasolini, ispirato da una bellissima poesia di Pasolini, "Vedere la bellezza". L'altro rappresenta Margherita Caruso, la ragazza che ne "Il Vangelo Secondo Matteo" ha interpretato Maria da giovane.
Prendo un autobus che mi porta a Torpignattara. Davanti al cinema Impero, storico cinema di Torpignattara, sono presenti vari ritratti di celebri personaggi cinematografici, tra i quali Pasolini e Franco Citti, purtroppo per il momento inaccessibili per via della ristrutturazione del cinema.
Sulla facciata di un palazzo privato è esposto un graffito ideato dall'artista Nicola Verlato, che accosta personaggi novecenteschi (Pasolini e Ezra Pound) a personaggi e letterati storici come Petrarca.


Sono le 18:30 della prima giornata, ho raccolto abbastanza foto, visi e sensazioni utili per il mio articolo, posso ritenermi soddisfatto. Domani mi aspetta una giornata altrettanto impegnativa: torno a Torpignattara per fotografare gli ultimi murales, poi vado a Monteverde e Ostia.

Da Torpignattara a Monteverde devo prendere un autobus per Piazza Venezia e da lì un tram. Il traffico è frenetico, e Roma si prepara a un nuovo giorno di lavoro. I turisti occupano l'Ara Pacis come formiche. Il tram che mi porterà a Monteverde ferma prima a Trastevere: decido di scendere qui per mangiare e per cercare la Pietà di Pasolini, murales di un artista francese che si trova in Piazza San Callisto, almeno secondo alcuni siti.
Purtroppo nessuna traccia del murales, ma in compenso mi siedo davanti alla Basilica di Santa Maria in Trastevere a pranzare. Ogni tanto mi dimentico quanta fortuna può avere chi abita a Roma nel poter uscire a comprare una pizza e mangiare davanti a chiese e monumenti secolari.

Prendo di nuovo il tram, ed eccomi finalmente a Monteverde. La presenza di Pasolini in questo quartiere è stata forte. Monteverde è un quartiere che ha ospitato molte personalità importanti, come ad esempio Berdolucci, D'Annunzio e lo stesso Pasolini. È un quartiere le cui vie richiamano i luoghi di Ragazzi di vita: via Fonteiana, Donna Olimpia, la vecchia fabbrica di binari "Ferrobeton", la raffineria Purfina... I luoghi sono diversi, ma mi concentro su Via F. Ozanam, la via che collega Monteverde Nuovo a Monteverde Vecchio. La via procede da Monteverde Nuovo in discesa, e proprio alla fine ci sono oltre 200 metri di muro tappezzato di poesie, foto, ritratti e ricordi su Pier Paolo Pasolini. L'iniziativa è portata avanti dal poeta e pittore Silvio Parrello, che possiede la sua bottega proprio al centro di quel muro tappezzato. Lui è "er Pecetto" presente in "Ragazzi di vita", e porta avanti coraggiosamente il ricordo di Pier Paolo Pasolini attraverso poesie, interviste e conferenze. Le poesie scritte sui muri hanno avuto un particolare effetto su di me: da studente di lettere abituato a studiare le poesie su un'antologia corredata da analisi e note, avevo quasi dimenticato che le poesie potessero essere nude: è come se la letteratura lasciasse il suo Iperuranio, si svestisse di tutta la sua astrattezza datale dal mondo accademico e tornasse sulla terra in tutta la sua concretezza. Le poesie di strada di Pasolini parlano a ognuno di noi, ci dicono di dimenticare per un attimo la forma, la metrica, le analisi e le note e ci fanno tornare alla realtà. È letteratura pura, e in quanto tale è letteratura sporca, scritta sui muri e bagnata di pioggia, di fango e di vita. Mi siedo su una panchina ad osservare la gente che si ferma a leggere una poesia o ad osservare una foto, e mi rendo conto che ciò che ha creato Silvio Parrello è semplicemente fantastico. Mi fermo a leggere alcune poesie, anche se molte le conosco a memoria. Rileggo ad alta voce più volte "Supplica a mia madre", soffermandomi a lungo su ogni parola.

L'ultima tappa è Ostia, non solo per un motivo cronologico, ma logistico. Prendo il trenino verso le 17, poi un autobus che mi porta sul lungomare, un po' prima dell'Idroscalo. In realtà mancano ancora molte fermate, ma decido di fare un pezzo a piedi per osservare il tramonto sul mare e per immedesimarmi in qualche modo in quella notte del 1975. Il luogo della morte di Pasolini si trova all'interno di quello che oggi è un Parco Letterario dedicato a Pasolini stesso, leggermente più a nord del Porto turistico. Il luogo è molto periferico e isolato, si trova lungo una strada molto pericolosa da percorre a piedi, soprattutto di sera. Non ci sono marciapiedi e la strada è a doppia corsia. Da un lato c'è l'Idroscalo, dall'altro una grande tenuta verde, senza costruzioni. Purtroppo trovo il Parco chiuso "per motivi di sicurezza". Il Parco non ha un orario di chiusura, ma evidentemente apre solo in determinate occasioni, come la domenica o il giorno della commemorazione della morte di Pasolini. Leggo un'ultima poesia per togliermi di dosso l'inquietudine che mi provoca questo luogo, e torno alla fermata dell'autobus.

Durante il viaggio di ritorno rifletto su una cosa. Ho visitato vari luoghi di Roma molto distanti tra loro, secondo un itinerario che avevo costruito in precedenza, e in ognuno di essi ho trovato una traccia di Pier Paolo Pasolini, come se ci fosse un filo che unisse tutte le zone della città e manifestasse ancora, per intero, il suo ricordo. Dovremmo innamorarci dei segni visibili che il passato ha lasciato nelle città, come Pasolini era innamorato degli "avanzi di civiltà" che abitavano le periferie, quelle comunità ancora vive ma che portavano i segni della storia.

































2 commenti:

  1. Bellissimo percorso, grazie per averlo raccontato. Questi luoghi vanno cercati, documentati, condivisi.

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