Di pochi personaggi si può dire che abbiano influito sulla cultura italiana quanto Paolo Villaggio. Per "cultura" non si intende solo quella alta, ma anche quella che rappresenta i nostri modi più vicini di pensare e di essere italiani. Oltre a essere stato uno dei più grandi attori comici e sceneggiatori italiani, Paolo Villaggio ha stretto un personale e profondo sodalizio con uno dei maestri della musica d'autore italiana, Fabrizio de André. Da questo sodalizio sono nate canzoni scritte a quattro mani, che mostrano come Paolo Villaggio abbia comunque saputo lasciare il segno anche nel campo della musica italiana.
L'amicizia con Faber nasce nel 1948 in montagna, a Cortina d'Ampezzo. I due saranno compagni di vita fatta di esperienze dissennate, amicizie con prostitute, notti passate a casa di sconosciuti trovati in strada, insomma quella vita tipica di due giovani borghesi sotto il pesante influsso dell'avvento della cultura beat.
L'amicizia negli anni Sessanta diventa anche artistica, e porterà alla scrittura di tre canzoni: "Delitto di paese", "Il fannullone" e "Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers", una delle canzoni più famose di Faber, e una delle più belle e fresche della musica italiana.
La canzone fu scritta il giorno prima della nascita dei figli di Paolo e Fabrizio (Pierfrancesco e Cristiano sono infatti nati nello stesso giorno), con Fabrizio alla chitarra e Paolo con carta e penna.
La canzone ha per tema un evento storico, la Battaglia di Poitiers in cui secondo la tradizione Carlo Martello fu decisivo nella cacciata dei Mori (in realtà secondo storici moderni la battaglia fu un evento insignificante, durato pochi giorni e senza vincitori e vinti). Il linguaggio è ironicamente aulico, e evidenzia il lato più volgare e rude del potere e del suo abuso. Carlo Martello infatti, tornato dalla battaglia, va da una prostituta, che inizialmente lo rifiuta perché l'elmo le cela la sua vera identità. Riconosciuto il re, la donna non può sottrarsi, ma dopo tenta la sua rivincita chiedendogli soldi, denaro che non vedrà mai perché il re scapperà in modo vigliacco.
Il testo è influenzato da un genere in voga ai tempi dei trovatori francesi, che in lingua d'oc componevano, tra gli altri, anche testi su incontri amorosi tra cavalieri e contadine, in ambienti pastorali appunto.
Le citazioni colte non mancano nonostante l'evidente ironia del testo, evidenziata anche dal tono esageratamente pomposo della voce di De André. In partocolare è citato due volte Dante: "Poscia, più che 'l dolor poté 'l digiuno" (Divina Commedia, Inferno, Canto XXXIII), il famoso verso riferito al conte Ugolino, ma viene citata anche la Vita Nova (capitolo XXII versetto 1) "mirabile visione".
La canzone restò abbastanza sconosciuta per anni (fu tra l'altro uno dei primi casi di censura a De André, da parte dell'Italia bacchettona e democristiana), salvo poi acquistare sempre più popolarità, diventando uno degli esempi della sottile e tagliente ironia di Fabrizio De Andrè.
Il pezzo è contenuto nel Volume I del 1967, ma risale al singolo del 1963,che contiene anche Il fannullone, altra canzone con il testo firmato da Paolo Villaggio.
Dall'analisi della canzone scritta da un allora sconosciuto Paolo Villaggio emerge già tutta l'ironia e la carica di satira che esploderà poi nel personaggio di Fantozzi.
Fabrizio De André è soprannominato Faber, come i pastelli che amava, soprannome che avrà un successo enorme anche tra i fan. Il soprannome lo ha inventato proprio Paolo Villaggio, e penso che il nome, l'oggetto più intimo e identificativo che una persona possiede, sia il regalo più bello che un amico ci possa fare.
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