Pier Paolo Pasolini rappresenta forse un caso unico in Italia di
poeta e letterato che ottiene un successo considerevole anche
passando al cinema. I suoi film sono la naturale continuazione del
suo lavoro letterario, e per prepararsi a vederli è necessario
conoscerne i tratti principali. Al 1961 (anno di Accattone) Pasolini
aveva pubblicato già Ragazzi di vita e Una vita violenta, romanzi su
giovani del sottoproletariato romano. In quegli anni l'italia del
Nord aveva conosciuto un'industrializzazione massiccia, ma da Roma in
giù il processo era ancora in corso e fuori dal centro, nelle
borgate, si trovavano ancora un tipo di popolazione che viveva alla
giornata, guadagnondosi da vivere con la prostituzione o con piccoli
furti. Erano “residui di civiltà”, dei gruppi di persone
testimoni di un'Italia contadina e che ancora non era stata
contaminata dalla cultura borghese. L'interesse di Pasolini per il
sottoproletariato è un interesse che travalica i confini filosofici
e politici e tocca altezze spirituali, quasi sacre. L'amore per il
corpo incontaminato dal potere consumistico e la capacità di vedere
ancora una possibilità di salvezza in questa popolazione sono gli
strumenti con cui Pasolini si rapporta con il sottoproletariato
romano e al tempo stesso sono i temi centrali nei primi due romanzi e
nel suo primo film, Accattone.
Accattone (Franco Citti), soprannome di Vittorio, vive nelle
borgate e si guadagna da vivere sfruttando una prostituta, Maddalena
(Silvia Corsini), ex compagna di un criminale napoletano appena
uscito dal carcere. Accattone è un “uccello del cielo”, un uomo
che, secondo l'interpretazione di Pasolini del Vangelo di Matteo,
vive alla giornata senza preoccuparsi di accumulare beni e senza
pensare a farsi una carriera lavorando. Passa le giornate con i suoi
amici e per una scommessa si butta dal Tevere dopo mangiato,
salvandosi dalla morte per congestione. Questa scena introduce il
tema della morte, perennemente presente nel film. Gli amici del
criminale napoletano si presentano ad Accattone e vogliono sapere chi
è stato a mandare in carcere il loro amico: Accattone tradisce
Maddalena e la incolpa di tutto. La costringe ad andare a battere
nonostante abbia una gamba rotta e in una notte subisce la vendetta
dei criminali napoletani, che la picchiano lasciandola sola in una
discarica a cielo aperto. La donna per paura non denuncia i suoi
aggressori e accusa due amici di Accattone. La verità però viene a
galla e viene messa in carcere per falsa testimonianza.
Senza più una donna da sfruttare Accattone ha bisogno di soldi;
va così dalla sua ex moglie Ascenza (Paoloa Guidi) a chiederle soldi
nel luogo dove lavora. Qui incontra Stella, una ragazza semplice e
ingenua, figlia di una prostituta, della quale si innamora. Per
regalarle le scarpe è disposto anche a rubare al figlio avuto da
Ascenza. Con un gesto falsamente affettuoso sfila al bambino una
catenina d'oro, che rivenderà in seguito. Accattone non perde la sua
natura di sfruttatore e costringe anche Stella a prostituirsi, ma
questa rifiuterà nel momento in cui è avvicinata dal primo cliente.
Spinto dalla fame e dalla responsabilità nei confronti di Stella,
trova un lavoro da un fabbro ma già una giornata di lavoro lo
sfinisce non solo nel fisico ma moralmente e psicologicamente. Lui,
uomo da sempre abituato a guadagnarsi da vivere con piccoli furti
senza faticare, non soppporta essere sottomesso da qualcuno, non
vuole dipendere da altri per vivere. Sogna così un'anticipazione di
quello che verrà in seguito. Assiste al suo stesso funerale atteso
dai suoi amici, ma il becchino gli vieta l'ingresso nel cimitero. Lui
passa per le mura e vede di nuovo il becchino che lo sta seppellendo.
Intanto una prostituta avverte Maddalena della relazione di
Accattone, e lei lo denuncia. La polizia segue i suoi movimenti, lo
coglie con le mani nel sacco durante un furto, nell'inseguimento in
moto sbatte contro un camion e muore.
Il film pur nella sua semplicità è un concentrato di riferimenti
letterari, pittorici e musicali. Si apre con una citazione del V
canto del Purgatorio, il canto dei morti per forza. La citazione è
un tratto della storia di Bonconte da Montefeltro, pentito in punta
di morte la cui anima è stata contesa da un angelo e da un diavolo.
La contesa sovrannaturale è presente anche nel film: Peppe er folle
fa riferimento a una contesa simile per l'anima di Santo Barberone,
ma la contesa è idealmente tutta la vita di Accattone. Il film è
infatti una storia della misericordia divina, capace di redimere
anche il più meschino ladr
uncolo e sfruttatore del mondo, ma che non
può nulla invece sulla cinicità, sulla disillusione e sulla
spietatezza piccolo borghese. Accattone è il simbolo di un
sottoproletariato che può e sa ancora salvarsi dalle brutture del
mondo a cui pure è costretto a cedere per tutta la vita. Accattone
sa infatti cogliere nella sua semplicità di “uccello del cielo”
quella sacralità della vita e quella spensieratezza che lo terranno
fuori dal male e gli permetteranno di essere sepolto nella luce (il
cimitero del sogno è una metafora del Paradiso e del Purgatorio: il
becchino voleva seppellirlo all'ombra, mentre Accattone vuole essere
seppellito al sole). La salvezza di Accattone è la statua angelica
che si staglia sul Tevere, è il “mo' sto bene” ed è il segno
della croce del suo amico al momento della morte (segno della croce
eseguito al contrario, ma che Pasolini non volle cambiare perché
rappresentava un segno di rapporto col divino individuale, per nulla
confessionale).
Il Pasolini esordiente non è ancora un maestro dal punto di vista
registico e formale, tanto che Fellini rifiuterà di produrre il film
per la troppa semplicità e ruvidità delle riprese, ma iniziano già
a delinearsi elementi poetici che caratterizzeranno tutto il Pasolini
regista, ovvero la predilezione dei primi piani naturalistici molto
influenzati dalla sua cultura pittorica, un interesse nel mostrare la
naturalezza e l'eros emanati dai corpi e dialoghi semplici
interpretati da attori “presi dalla strada”. L'arte figurativa
svolge un ruolo importante nel cinema di Pasolini perché ne
costituisce in gran parte l'ispirazione, e in Accattone Pasolini si
rivolge in particolare agli affreschi di Masaccio. Il montaggio è
frammentato e lento, spesso gioca con i contrasti anche fisici tra i
volti (ad esempio volti dalla dentatura regolare vs volti dalla
dentatura irregolare) e tra i chiaroscuri.
L'uso della musica in questo film è unico nel panorama italiano
almeno all'epoca. Le musiche principali sono tratte da opere di Bach,
artista la cui musica, secondo Pasolini, è intrisa di sacro e di un
senso religioso profondo. Le musiche di Bach sono associate spesso a
scene di degrado morale e sociale, quasi come a fornire l'aggettivo
sacro a quelle scene. L'uso della musica di Bach in queste scene è
anempatico, cioè vuole creare una contraddizione tra senso visivo e
senso uditivo che colpisca, turbi, scandalizzi lo spettatore.
Accattone
si presenta come uno dei capolavori del cinema italiano, con un
impianto registico non perfetto dal punto di vista formale ma già
precocemente consapevole e sicuro di sé. I temi sociali della realtà
contemporanea come l'industrializzazione feroce e la povertà delle
borgate romane si fondono con le esigenze più intime dell'autore,
come la necessità di rappresentare corpi, volti, civiltà
dimenticate che stanno per scomparire, creando una tensione lirica
notevole che permea tutto il film, grazie al quale Pasolini
contribuisce (insieme ad altri registi come Fellini e Antonioni) a
delineare la vera e propria nascita del cinema d'autore italiano.
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