Michelangelo Antonioni nel 1960 (stesso anno de La dolce vita) gira L'avventura, il film che aprirà la cosiddetta Trilogia dell'incomunicabilità, composta inoltre da La notte e L'eclisse. Questi tre capolavori del cinema italiano hanno come filo conduttore il dramma esistenziale che vive l'uomo moderno (in particolare l'uomo italiano) in un'epoca che stava vedendo l'Italia passare da paese ancora pre-industriale e legato alla terra, a una vera e propria nazione sviluppata, con tutti i cambiamenti che il benessere economico avrebbe comportato, nel bene e nel male. L'anno 1960 è non a caso un punto di svolta nella storia italiana, perché segna il punto in cui l'industria fa sentire di più la sua presenza, anche nel cinema.
In particolare ne La notte ci troviamo in una Milano che sta ribollendo di cemento: nuove costruzioni emergono in periferia sempre più velo
cemente, aspetto che in questi tre film di Antonioni avrà un'importanza centrale, perché sarà il simbolo di un'Italia che cambia anche dal punto di vista architettonico oltre che culturale. L'architettura pallida e squadrata riflette l'aridità esistenziale che vive l'uomo moderno. I due protagonisti sono una coppia che vive una profonda crisi non solo relazionale ma anche individuale. L'elemento che sconvolge l'ordine delle cose è, come in molte altre pellicole del regista, una morte: un loro amico intellettuale è malato terminale di cancro, e riceve la loro visita in ospedale proprio nel giorno prima della sua morte. Giovanni Pontano (interpretato da Mastroianni) è un intellettuale disilluso e cinico (“con la faccia perennemente mortificata”, dirà Pasolini) un po' sulla falsariga del Mastroianni de La dolce vita o di 8 e mezzo, ha appena scritto un libro ed è abbastanza famoso nell'ambiente intellettuale milanese.
La crisi della coppia è evidente fin dall'inizio: Giovanni scambia delle effusioni con una paziente dell'ospedale, ma Lidia non ha alcuna reaizone. Alla presentazione del libro Lidia è turbata dalla confusione e dal successo del marito e va in giro per Milano senza meta. In questo tragitto sembra cercare qualcosa che la distragga dalla sofferenza interiore, ma niente sembra avere la capacità di catturare in modo continuativo la sua attenzione. La sera i due sono eternamente indecisi sul da farsi, e alla fine scelgono di accettare l'invito di un industriale, in una villa frequentata dalla Milano bene. Durante la notte passata in questa villa i due vivono avventure amorose parallele con due ospiti della villa: Giovanni con la figlia del proprietaro, altra donna annoiata e angosciata dalla vita; Lidia con un altro ospite, che però viene rifiutato prima del rapporto sessuale. Un temporale crea un guasto alla linea elettrica e nella confusione si ritrovano tutti e due nella villa. Lidia confessa di non provare più nulla per Giovanni, e all'alba gli legge in modo straniato una lettera che aveva scritto per lui quando ancora si amavano, per ribadire la fine del proprio sentimento. Giovanni tenta di avere un rapporto sessuale con lei in modo forzato e disperato, mentre la cinepresa li osserva da dietro le spalle.
Questo film segna un punto di svolta nella storia del cinema italiano perché Antonioni è uno dei primi registi a superare un modo di narrare organico e d'intrattenimento, per arrivare a una narrazione lenta e poetica che corrisponde all'analisi lucida e disincantata della società italiana degli anni '60.
Come già fece notare acutamente Pasolini, i protagonisti vivono uno stato di apatia e noia che però è inconsapevole: come un'ape che non sa di essere ape, i protagonisti soffrono ma non sanno di che natura è il loro male (Lidia in realtà manifesterà un minimo segno di consapevolezza). Tra speranze post belliche di un futuro migliore, una classe sociale (i “nuovi ricchi”) in ascesa in possesso all'improvviso di una ricchezza cospicua e una società vacua e opulenta che si crogiola nell'angoscia e nella noia, i personaggi del film appaiono vuoti e inerti, si trascinano per l'esistenza senza stimolo alcuno e neanche le emozioni più primitive (le effusioni con la paziente in ospedale o il “fascino” di un rapporto sessuale con uno sconosciuto) sembrano più aiutare l'uomo ad uscire da questo stato. Anche i dialoghi rarefatti e superficiali rappresentano il vuoto interiore: i personaggi dialogano in modo logico e coerente solo quando parlano di cose quotidiane e banali, non appena tentano di parlare di pensieri o sentimenti i dialoghi si fanno frammentati e incompiuti.
Altro tema centrale è il rapporto intellettuale società: l'intellettuale è rappresentato come qualcuno che ha perso il proprio status sociale, che è ormai slegato e opposto alla società ma ama crogiolarsi nella propria solitudine, arrivando a perdere quell caratteristica di dissidenza e protesta verso il presente, propria dell'intellettuale del passato.
Dal punto di vista registico bisogna sottolineare le inquadrature dell'ambiente che è parte integrante del film e ha un rapporto importante con i personaggi. Non solo rappresenta la crisi esistenziale dell'individuo, ma interagisce con i personaggi (ad esempio è celebre la scena dell'intonaco sgretolato da Lidia, sunto estremo del senso del film sublimato mirabilmente in un gesto che esprime noia e angoscia). Dal punto di vista figurativo Antonioni è attratto dalla pittura post-impressionista (De Chirico, Cézanne), interesse che in questo film produrrà una predilezione nelle inquadrature di volumi architettonici e di profondità di campo. Magistrale è l'uso dei chiaroscuri nella fotografia: luce e ombra sono presentati sempre in contrasto, opposizione che trova il suo culmine nel black-out, che crea una “notte nella notte”.
Il film è un capolavoro assoluto della cinematografia mondiale che ha ispirato numerosi registi (tra i quali ricordiamo Kubrick, che lo inserì nella top ten dei suoi film preferiti), forse può apparire un po' lento e di difficile lettura per chi si è appena avvicinato al cinema, ma è assolutamente imperdibile per gli appassionati del miglior cinema italiano e mondiale.
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